ARTIST Criticism
L’espansione del colore dallo spirito

YIM BONG-JAE 任奉宰

L’espansione del colore dallo spirito

 

L’atto creativo è un processo interiore per Yim Bong-Jae. Iniziare a dipingere è staccarsi dal mondo, “rompere visioni familiari", superando la paura di abbandonare i sentieri del quotidiano per immergersi nella concentrazione di un ambiente cristallino, di puro pensiero.

Nondimeno l’opera finita, riporta ad uno spazio familiare, rarefatto ma costituito da ciò che l’artista ha già dentro di sé, che nella pittura riemerge fortificato e rinnovato. E’ frutto di un percorso di abbandono progressivo dal contingente, fino al raggiungimento di uno stato di assenza di sentimenti e riflessioni, il tratteggio di una prima forma. A questo punto il pennello esplora liberamente, come mosso da una forza espansiva, come una scrittura automatica. L’energia interiore dell’artista ha inglobato l’aria leggera della meditazione ed esplode in fuoco vitale creando rapidamente curve, linee, forme geometriche talvolta frammentate. In questi gesti dinamici e liberi la mano si riallaccia, si ricollega al cuore e al pensiero, nel passare altrettanto osmoticamente dal tratto al colore.

In una sua nota l’artista coreano, che ha all’attivo numerose mostre e premi internazionali, parla della presenza di un “margine” all’interno dei suoi dipinti. Quell’area esterna, dove regna il vuoto, concretamente e idealmente, si fissa sempre sulla tela come testimonianza di quel necessario stadio di svuotamento e liberazione, è riposo prima dell’azione, “incolore come la meditazione nella sua monotonia e assenza di pensiero”. Pace della mente che però denota il confine, con la forma, di un’area d’intensità cromatica definita. Dove finisce il vuoto si vede la materia densa, al suo massimo, nel tratto più scuro o più chiaro della essenziale tavolozza: non le appartiene solo un contorno, delimitazione delle figure geometriche nate spontaneamente, ma una vera e propria frontiera tra stati d’animo. Bong-Jae chiama quelle linee intenzionali e accidentali allo stesso tempo, ed è comprensibile, visto il loro carattere di terra di confine, che posseggano entrambe le caratteristiche.

Dall’altra parte, processualmente successiva, il regno del colore rappresenta una catarsi, non come intesa nella Grecia classica, cioè rito di purificazione, ma in senso più psicanalitico come superamento di elementi (possibilmente) conflittuali, che riaffiorando alla coscienza vengono sciolti, liberati. Nel caso della pittura di Yim Bong-Jae riconciliati. Essendo infatti una ricerca che ragiona sul proprio farsi, nel punto che intende attirare maggiormente la nostra attenzione manifesta l’armonia tra materiale e immateriale, visione e immaginazione, ispirazione dal contesto esteriore e creazione dall’interiorità.

Quella gioiosa catarsi è lucida, non furibonda. Un misurarsi con la più spontanea espressione poteva innescare esplosioni, agitare macchie, porosità, strappi nel supporto o getti violenti di colore, invece resta nella sua forma comunicando con la sua ombra e con ciò che è stato prima di esistere, aprendosi letteralmente alla trasparenza.

Da occidentali, siamo tentati di associare il lavoro di un artista della Corea a filosofie orientali come il Buddhismo, nel superamento di passioni terrene verso una visione “illuminata”, o il Taoismo, nella chiamata ad un’armonia tra opposti. Per quanto quest’ultima concezione sia declinata anche secondo altre filosofie o fedi di tutto il mondo, dal Cristianesimo all’Islam, dall’Induismo al Manicheismo o ancora nel Buddhismo, dunque ci pare una strada interpretativa plausibile, nella formazione delle immagini meditative di Bong-Jae non agisce come principale motore una teoria, ma una pratica pittorica che ha già una storia.

E’ vero che il pittore dice “questo processo allevia le mie gioie e i miei dolori”, come pure “le due forme geometriche della tela, lo spazio del mio cuore, rivelano due sentimenti opposti: la

gioia e la tristezza, la passione e la costrizione”. Eppure in questa ispirazione il conforto della libertà dal reale, della possibilità del colore di trascenderlo verso la psiche, riecheggia più a lungo nella ricerca la conoscenza di sviluppi artistici della metà del Novecento, in Europa e in America. In particolare penso alla gestualità dell’Action Painting e dell’Informale. Con una declinazione personale. Se per artisti come Pollock o Vedova il senso dell’opera stava nella procedura, la pittura diventava percepibile in quanto processo di azione creativa, simboleggiando se stessa, per Bong-Jae il pennello si agita alla ricerca di una ritrovata armonia universale. In quella forma geometrica nitida dal colore squillante decide di fermare il movimento per rappresentare altro da sé, qualcosa che vada oltre il sé.

Sostenendo la tesi di Paul Valery, per il quale ogni opera artistica è «il risultato di un’azione il cui scopo finito è provocare in qualcuno sviluppi infiniti», posso dire che Bong-Jae sceglie di non rinchiudersi nella sua gestualità: una volta nata una forma definita, con naturalezza si amplifica in una seconda (o terza) pelle, vivida di trasparenza per l’osservatore. Un colore fatto di storie passate e storie future, di sentimenti mutevoli, di ombre e luci di diverse gradazioni, un ponte tra Sensibile e Invisibile.

Michela Ongaretti

Cityscape_The rhythmic curve and harmony of colored face originated in coincidence

"Cityscape"

 

The rhythmic curve and harmony of colored face originated in coincidence

 

 I think artists don't make works perfect but find out something, put his soul into canvas. Also reflect what I do, what is 'I do' and sometimes my work. Make a plan and proceed as planned like this or that. At one point, my conscious is absorbed in my work and work is drawing me.

 

 I rather just scratch, line, spray and fill as my mind moves, hands go between reason and sensitivity than to draw something. This makes me very excited. Sometimes I catch the beauty of coincidence and feel pleasure in this play.

 For this work, I try drawing a  scetch of soul repeatedly and put it into action. But often undergoing trial and error and settling for fence of experience, suddenly, I get a tense my soul is absorbed and I think we must have a will that overcomes it and a sense of duty that suggests something toward society.

 

 Today, we live losing ego in our daily routines and activities. In these psychological wandering, tormenting to depart from the standard pattern, I select the subject matter "cityscape" of this work. I reconstituted abstractly insatiable greed cannot filled ever and fantasy of this night city scape surrounded with  the flash neon light. It was for taking out something inherent in object rather than appearance.

 

 As for technique, diverged from drawing lines and filling up face, I tried expanding painting space beyond the limit of plane surface and revealed three-dimensional, tactile line by carving active, powerful line on the Formex panel. To visualize this sensibility I molded by free body motion and hand motion. Rhythmic curve and straight line is revealed by these motion and I make an accent and balance by covering small space between line and line with the traditional color of Korea.  Then these are mixed and in harmony. So we can feel colored sound like symphony orchestra's beautiful performance. The harmony of freewheeling line and  colored face shown on work is the intention to get lifelike in solitude, feel visual sensitivity and recover our own ego.

 

 Provided carefully, hesitating and connecting dotted line is modesty, resolutely straying straight line's  bold, not angulate and flexibly curve embracing everything, colored face composure is permeated! Although each has distinct personality, isn't it our life being in harmony cross over each other's boundary in one space?

 

 Although the working is intuitive and sensitive process transcended over reason, the active and accidental working will continue constantly to find out freedom of soul and reality of my ego.

 

- Bongjae Yim, Work Note